Funghi Espresso, ora punta alla lombricoltura e all’acquaponica.

di Giulia Diamanti

IL PIANETA IN TRANSIZIONE

Articolo di Giulia Diamanti

Pubblicato il 28/10/2018 su La Repubblica Firenze

Funghi Espresso, start up fiorentina nata nel 2013, ora punta su lombricoltura e acquaponica.

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Vermi e carpe koi, per la precisione. Non si tratta di una nuova tecnica di pesca, bensì del progetto di agricoltura circolare promosso da Antonio Di Giovanni. Ma cosa c’entrano i pesci con le piante? Per spiegarlo è necessario partire da cinque anni fa, quando l’agronomo Antonio partecipa al caso studio sul riutilizzo del fondo di caffè, dando il via all’avventura di Funghi Espresso. L’idea di base è che non esistono rifiuti e che ciò che viene definito scarto, in realtà, è un potenziale di risorse. Questo si traduce in una coltivazione di funghi tutt’altro che tradizionale. Ogni mese infatti i bar producono circa 1 tonnellata di fondi di caffè. Antonio recupera la polvere, che viene poi ripulita dalle impurità e le viene inoculato il micelio, ossia il seme del fungo. Il sacco, con all’interno la miscela, viene appeso in una camera di incubazione al buio per 25 giorni, quindi viene inciso e messo in una camera umida e illuminata, chiamata di fruttificazione. Dopo una settimana si può assistere a una vera e propria epifania di funghi pleurotus. Allora l’agronomo fiorentino si è interrogato su come utilizzare anche il compost esausto da cui erano nati quei funghi.

«Ho pensato di compostare lo scarto della lavorazione del caffè per produrre humus di lombrico -spiega Antonio Di Giovanni – Poi ho scoperto che i vermetti potevano essere una buona fonte proteica per i pesci. E da lì è nata la mia intenzione di approfondire il settore dell’acquaponica, ovvero la coltivazione delle piante tramite gli scarti dei pesci». L’acquaponica è l’unione tra l’acquacoltura (allevamento dei pesci) e l’idroponica (coltivazione fuori suolo delle piante). In questo ciclo, i vegetali hanno le radici immerse nell’acqua, che arriva direttamente dalle vasche dei pesci, i quali, a loro volta, si nutrono dei lombrichi. Le piante assorbono i nutrienti e rigenerano l’acqua, che poi torna pulita nei contenitori dove vivono le carpe. «Il risparmio idrico è del 90% e questo è importante per la sfida ai cambiamenti climatici. Per di più quello delle coltivazioni fuori suolo può rappresentare una valida alternativa nelle città affollate dove la terra da seminare è scarsa».

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Si tratta di un progetto innovativo dato dalla somma di diverse idee sostenibili. «Sono tre sistemi integrati in cui l’uno ricicla lo scarto del processo precedente. Dal fondo di caffè produciamo funghi, piante e alleviamo lombrichi e karpe koi, pesci ornamentali che vivono più di 10 anni». Un modello di agricoltura circolare a 360 gradi che non genera nessun effetto negativo sull’ambiente, ma al contrario, si ispira ai cicli naturali «I prodotti generati da questo modello di economia sono genuini e con un livello nutrizionale maggiore. Insalate, cavoli, fagioli, bietola, peperoni e pomodori sono sani e gustosi», fa sapere Antonio.

 

 

 

 

 

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